È molto difficile parlare di Lanark perché per ora ho avuto modo di leggere solo il primo dei quattro volumi italiani, ma qualcosa si può già dire.
La storia di questa prima parte si svolge a Unthank, una decadente città industriale sempre buia e umida, sormontata e accerchiata da gigantesche gru e cantieri incompiuti di enormi costruzioni la cui forma ricorda quella delle navi. Ad Unthank il sole non sorge mai e gli orologi hanno smesso di avere un senso. Gli abitanti, oltre a poter essere affetti da una di tre bizzarre malattie incurabili, spariscono con una certa regolarità e vivono questa situazione rassegnati al fatto che prima o toccherà a tutti.
Sulla terrazza del caffè Elite troviamo Lanark, il protagonista del romanzo, intento come ogni altro giorno ad aspettare un fugace bagliore di luce del giorno e a cercare di tenere il conto dei giorni che passano. Lanark non si ricorda come è finito ad Unthank, all’inizio non sa nemmeno il nome della città, lo chiede in giro una volta arrivato. Il suo primo ricordo sono infatti un tonfo e la vista dello scompartimento del treno in cui si è ritrovato appena aperti gli occhi. Ha in spalla uno zaino, che non ricorda cosa contenga, e degli strani oggetti in tasca, sassi tritati e conchiglie, ma non sa perché li ha con sé. Una volta sceso, muove, grazie all’aiuto di Gloopy, i suoi primi passi in città: ottiene un visto, fa una visita medica, in cui gli viene diagnosticata la dragonite, va alla previdenza sociale a prendere i suoi primi soldi e trova un alloggio; da qui iniziano le sue giornate piene di nulla, ma se non altro si sente, in un certo modo, libero. Gli servirebbe un lavoro ma non lo cerca; vorrebbe una donna ma non la trova. Dopo l’aggravamento della malattia si ritroverà invece, nella seconda metà del romanzo, catapultato in un gigantesco ospedale sotterraneo, un luogo mostruoso da cui è praticamente impossibile uscire.
“Le indicazioni sul pacchetto di sigarette mi condussero alla casa da cui sto scrivendo, e sono passati trentuno giorni. Nel frattempo non ho cercato lavoro, non ho fatto amicizia con nessuno, e conto i giorni soltanto per godere della loro vacuità. Secondo Sludden mi accontento di troppo poco. Io credo che esistano città in cui il lavoro è una prigione, il tempo uno stimolo e l’amore un peso, e ciò mi fa considerare la mia libertà qualcosa di importante.”
Questo primo volume di Lanark è un romanzo onirico difficilmente catalogabile in un genere letterario. Ha una forte componente fantastica, ma in ogni sua parte emergono invece numerosi aspetti sociali: l’ambientazione post industriale in cui è definitivamente sparita la luce del sole; la difficoltà di instaurare rapporti con gli altri in una città che offre solo festini e perdizione; la burocrazia; la disumanità dei lavori che si possono fare in un contesto del genere; l’ottusità dell’esercito e di quelle che dovrebbero essere le forze dell’ordine; l’incredibile mostro-ospedale che ingurgita i pazienti per non rilasciarli più. Ma niente di troppo esplicito e pedante, tutto questo viene messo sapientemente tra le righe e si amalgama alla perfezione con il tessuto onirico immaginifico che costituisce la trama del racconto.
Tutto merito della straordinaria scrittura di Gray, eccezionale nel descrivere questo luogo incollocabile sia nello spazio che nel tempo: un non luogo, un inferno, in cui i suoi abitanti vivono per inerzia fino all’inevitabile sparizione che prima o poi sembra colpire tutti ma che non si sa dove li porti. L’atmosfera che Gray ci fa respirare mentre ci muoviamo con Lanark per le strade di Unthank è pazzesca ed è un qualcosa di francamente mai trovato prima nelle mie letture, forse solo in Nel paese delle ultime cose di Paul Auster e in Picnic sul ciglio della strada dei fratelli Strugackij ho percepito un simile senso di oppressione. Prendete la componente onirica del primo, quella più sociale del secondo, e avete Unthank. Una gigantesca città in cui tutto ciò che avviene è metafora di qualcosa, e Gray è bravo a mantenere sempre intatto l’equilibrio ed essere sempre al meglio in entrambi gli aspetti: trama e sottotesto procedono a braccetto senza che uno sovrasti mai l’altro, tutto è a fuoco e al suo posto dall’inizio alla fine.
Ora sono ovviamente molto curioso di andare avanti con i prossimi volumi perché la sensazione è quella di trovarsi davanti a un’opera monumentale già da queste prime sole 180 pagine, un’estasi letteraria dall’inizio alla fine.
Una piccola nota sull’edizione l’italiana: traduzione perfetta e design del prodotto curatissimo, quindi molto bene. Non ho approfondito le ragioni per cui l’opera sia stata divisa in quattro volumi quando invece l’originale è un romanzo unico, ma qualunque siano i motivi, anche giustificabili, l’esborso finale per avere l’opera completa non è un aspetto di poco conto visto che si parla si €65,90 per leggere quello che in teoria sarebbe un unico romanzo.
Editore: Safarà Editore
Pagine: 184
ISBN: 9788897561446
Link utili: La pagina dell’editore – La wiki dell’autore
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