L’assassinio del commendatore è il ritorno in libreria di Haruki Murakami dopo 1Q84 e L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, due libri profondamente diversi che ben rappresentavano le due anime dello scrittore giapponese: quella più surreale e quella più realistica. A differenza di questi due romanzi, molto marcati in una direzione o nell’altra, L’assassinio del commendatore si pone, come molte opere di Murakami, nel mezzo tra quotidiano e surreale.
Il romanzo racconta la storia di un pittore ritrattista che, lasciatosi con la moglie dopo sei anni di convivenza, si ritrova a vivere da solo in un paesino di montagna. Ma non va a vivere in una casa qualsiasi: tramite una vecchia conoscenza, trova sistemazione nella vecchia casa di un noto pittore giapponese, padre dell’amico, ora rinchiuso in una casa di riposo e affetto da alzheimer. La nuova routine che instaura in questa casa, fatta principalmente di amanti e l’insegnamento a un corso di pittura, viene messa in crisi da due avvenimenti: il ritrovamento nella soffitta della casa di un quadro mai pubblicato del precedente inquilino, che il nostro protagonista intitola arbitrariamente L’assassinio del commendatore a causa di alcuni rimandi a una scena del Don Giovanni; e la comparsa di un misterioso e facoltoso cliente, vicino di casa, che gli chiede di fargli un ritratto per un’ingente somma di denaro. Di questi non si sa niente: né che lavoro faccia né come abbia fatto a venire a conoscenza che lì ora abitasse il pittore ritrattista. Ma sarà un terzo mistero a sconvolgere definitivamente la sua vita, la comparsa di uno strano rintocco, come di un campanaccio, proveniente dall’interno di un santuario situato nel boschetto vicino all’abitazione, che lo sveglia ogni notte alla stessa ora e suona per poco più di mezz’ora. In quel lasso di tempo la campagna cessa tutti i suoi rumori naturali, per poi riprendere la sua normale attività non appena il rintocco del campanaccio è finito.
Questi avvenimenti, come facilmente auspicabile, non rimangono cose isolate, ma si affiancano e si intrecciano per tutto il romanzo e quella che era cominciata come una nornale evasione dal quotidiano si trasforma in un tour dentro un mistero più grande di tutto.
Purtroppo però, causa la politica editoriale di Einaudi, leggeremo la fine di questa storia solo il 29 Gennaio con la pubblicazione del secondo volume: Metafore che si trasformano.
In questo romanzo ho ritrovato un buon Murakami, non quello delle sue opere migliori, probabilmente irripetibili, ma comunque in forma decisamente migliore rispetto alle ultime uscite. Pur senza una trama ricca di azione, lo scrittore giapponese è riuscito a tenermi incollato alle pagine con la voglia di saperne sempre di più, merito di quella sua scrittura ipnotica e intrisa di mistero che abbiamo apprezzato nelle sue opere più riuscite.
Dal protagonista in fuga da una relazione finita male e dalla routine fino al mistero del campanello nel tempio, passando per la musica classica, le strane coincidenze che uniscono i personaggi e l’ennesima enunciazione del diritto di un autore di non dover spiegare la propria opera: c’è molto di Murakami ne L’assassinio del commendatore. Visto che, purtroppo, non ci è dato sapere dove questa storia andrà a parare alla fine, preferisco rimandare l’approfondimento delle tematiche alla commento del prossimo volume.
Per ora mi limiterò a ripetere che ho ritrovato il piacere di leggere un nuovo romanzo di Murakami. Non ci sono molti scrittori capaci di unire il magico al quotidiano come lui, con quell’atmosfera sospesa e malinconica, sempre fuori dal tempo e dallo spazio.
Editore: Einaudi
Pagine: 411
ISBN: 9788806237615
Link utili: La pagina dell’editore – La wiki dell’autore
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