Ci sono delle volte, rare, in cui cominci un libro quasi per caso e rimani fulminato dalle prime pagine. Ho cominciato Che ne è stato di te, Buzz Aldrin? in un momento di noia in cui mi ero messo a spulciare il Kindle per decidere cosa avrei letto quella sera. Rileggo quel titolo particolare, che aveva già catturato la mia attenzione quando lo comprai, mi dico “ma sì, leggo l’inizio” e il danno è fatto: non riesco più a mollarlo.
Il mio amore per la letteratura nordeuropea e, di riflesso, per la casa editrice Iperborea è ormai un fatto che do per assodato. Quello per la musica forse no, ma se non lo sapete è una delle grandi passioni della mia vita. Il romanzo di formazione? Forse è il mio genere di romanzo preferito. Mi imbatto per caso in un romanzo che unisce queste tre cose e per me è già più che interessante così; poi lo comincio e ci trovo una narrazione in prima persona fresca e intelligente, giovane ma profonda, e un cast di personaggi problematici in cerca di una direzione e allora non posso che continuare a leggere.
Mattias è un giardiniere trentenne e il suo idolo è Buzz Aldrin, il secondo uomo ad aver messo piede sulla luna, ingiustamente dimenticato da tutti nell’ombra di Neil Armstrong. È uno di quei ragazzi che non hanno chissà quali grandi ambizioni, ma ne ha comunque una degna di tutto il rispetto possibile: vuole rimanere nell’ombra, non ritrovarsi mai al centro dell’attenzione; vuole essere una delle tante piccole ruote, ben oliata e funzionante, di un ingranaggio molto più grande di lui. Tuttavia, anche il motore più efficiente può andare in avaria e Mattias si ritrova così completamente perso e senza più una funzione da poter continuare a svolgere nell’ombra. In quello stesso momento gli si presenta però un’occasione irripetibile: un amico, chitarrista e cantante di un gruppo musicale, gli chiede di accompagnare la band nella prossima tournée che terranno alle Fær Øer. Si decide ad accettare l’invito e una serie di eventi lo porta poi a trasferirsi in pianta stabile lì in un villaggio delle Fær Øer, dove inizia un lungo e doloroso percorso di crescita e responsabilizzazione insieme a un gruppo di ragazzi che, come lui, ma molto peggio di lui, a un certo punto della loro vita hanno fatto crack e si sono rotti. Sotto la guida del misterioso Havstein, che per tutti loro diventa come un padre, cercano di rimettere insieme i propri pezzi e riprendere così il proprio cammino.
Che ne è stato di te, Buzz Aldrin? riesce a essere un romanzo duro ed estremamente delicato allo stesso tempo. Duro perché la vita di Mattias non è per niente facile, è uno di quei ragazzi visti di cattivo occhio pur avendo la sola colpa di non avere grosse ambizioni e di avere una leggera predisposizione alla depressione. Due cose che la nostra società, quella dei migliori e del successo, che al dare una mano preferisce invece il metodo dei calci in culo, non sembra proprio disposta ad accettare. Mattias perde tutto e incontra altri ragazzi, molto più incasinati di lui, che sono stati ingiustamente emarginati da una collettività schiava dell’esaltazione della routine, del duro lavoro e del successo, costino quel che costino.
La delicatezza viene invece dalla penna dell’autore, che io ho trovato davvero fuori dal comune. Johan Harstad ha solo ventisei anni quando scrive questo romanzo e sembra già uno scrittore fatto e finito, a suo agio com’è sui più disparati argomenti come psicologia, sociologia, musica, storia e geografia scandinave. Il suo meglio lo dà nella caratterizzazione dei vari personaggi e nelle loro interazioni: ognuno di loro è perfettamente caratterizzato e la sensazione che si prova leggendo il romanzo è quella di conoscere questi ragazzi un poco per volta come il protagonista, si conoscono i loro problemi e le loro cicatrici e si stabilisce con loro una forte empatia senza però che il racconto scada mai nel retorico o nel patetico. In ogni dialogo, descrizione e digressione emergono una comprensione e un rispetto per l’essere umano e quello che lo spinge ad agire o, a volte, a non farlo, veramente raro e in grado di toccare la sensibilità di chi legge fin nelle fondamenta.
Nonostante la forte connotazione geografica di Che ne è stato di te, Buzz Aldrin?, l’atmosfera sospesa di un posto desolato come le Fær Øer e la bravura di Harstad nell’universalizzare i propri personaggi suggeriscono l’impressione che il romanzo si svolga sì lì, ma che potrebbe benissimo svolgersi dovunque; il lettore non può che vederci una rarefatta immagine dei propri luoghi in un particolare momento della sua vita, anche se privati di molti loro aspetti e ridotti a uno stato essenziale, e vedercisi muovere le ombre di conoscenti, amici, parenti e, perché no, di se stesso.
Se vi è piaciuto Norwegian Wood e volete leggerne una versione scandinava o cercate un romanzo intimo e introspettivo che sappia mescolare così bene dolore e gioia, malinconia e voglia di rinascere, Che ne è stato di te, Buzz Aldrin? è sicuramente un romanzo che dovete tenere in considerazione.
Durante la stesura della recensione mi sono ascoltato il bellissimo Happy Songs for Happy People dei Mogwai, se non lo avete mai sentito vi consiglio di cliccare sul collegamento Spotify. Avrei dovuto ascoltare i Cardigans ma non ce la potevo proprio fare.
Editore: Iperborea
Pagine: 520
ISBN: 9788870911640
Link utili: La pagina dell’editore – La wiki dell’autore
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Letto tanto tempo fa! Ho un buon ricordo. Ora vado a cercarmi i Mogwai